19/09/2025
Quando ci troviamo davanti alla possibilità di acquistare un prodotto ci piace credere di essere razionali: analizziamo i pro e i contro, valutiamo i prezzi, leggiamo le recensioni online e alla fine scegliamo in modo consapevole. Tuttavia, la maggior parte delle nostre scelte è guidata da meccanismi inconsci, emozioni e percezioni che avvengono in pochi istanti. È in questa fase che entra in gioco il neuromarketing, una disciplina che unisce neuroscienze e marketing per studiare come il cervello umano reagisce agli stimoli e come questi stimoli possano guidare tutte le decisioni.
In questo articolo esploreremo come funziona il neuromarketing, con esempi concreti e applicazioni reali e nello specifico parleremo di:
Una delle scoperte più incredibili del neuromarketing è l’effetto provocato dalla presentazione delle informazioni: come lo dici è più importante di quello che dici. Il modo in cui un prodotto o un messaggio viene confezionato, colorato o descritto, può modificare sensibilmente la percezione delle persone, influenzando comportamenti, emozioni e di conseguenza decisioni finali.
Un concetto noto del neuromarketing è il framing effect, l’effetto cornice. Ne hai mai sentito parlare? Immagina di leggere sull’etichetta del prodotto:
Le due frasi si riferiscono allo stesso prodotto, con le stesse caratteristiche, ma vengono percepite in modo totalmente diverso. La prima mette il focus su ciò che è presente all’interno del prodotto, la seconda su ciò che manca: la seconda versione risulta spesso più accattivante, proprio perché evidenzia un guadagno (meno grassi).
Un altro esempio chiaro e spesso utilizzato è quello dei medici che devono consigliare un trattamento per i pazienti. Quando l’efficacia della cura viene descritta come “90% di probabilità di successo”, la maggior parte delle persone accetta il trattamento rispetto a quando viene descritto come “10% di probabilità di fallimento”, anche se i numeri sono identici.
Il framing funziona perché il cervello umano è molto sensibile alla narrazione e reagisce più intensamente a come una situazione è presentata piuttosto che ai dati oggettivi. Questo spiega perché le strategie di comunicazione giocano un ruolo così importante nel marketing.
Un’altra lezione chiave del neuromarketing è che le emozioni guidano le decisioni molto più della logica. Antonio Damasio, neurologo, neuroscienziato, psicologo e saggista portoghese, ha dimostrato che persone con lesioni cerebrali alle aree emotive hanno enormi difficoltà a prendere decisioni quotidiane, anche semplici, come scegliere cosa mangiare a cena.
Questo perché senza le emozioni, la logica da sola non basta.
È racchiuso qui il motivo per cui i brand investono tanto nel creare campagne pubblicitarie emozionanti. Un esempio emblematico è quello della Coca-Cola: non vende solo una bevanda zuccherata, ma un’idea di felicità, condivisione e momenti speciali. Lo stesso prodotto, presentato senza emozione, non avrebbe lo stesso appeal.
Le emozioni non si attivano solo attraverso immagini o parole, ma anche attraverso i sensi: colori, suoni, profumi. Anche la consistenza di un packaging può attivare reazioni inconsce positive o negative.
Ogni colore trasmette un messaggio e attiva associazioni precise nel cervello umano. È proprio per questo motivo che la palette di colori della propria brand identity va scelta con estrema attenzione. Ad esempio:
Il design ha un impatto altrettanto forte. Prendiamo ad esempio una barretta di cioccolato: lo stesso prodotto, confezionato in una scatola lucida e colorata, viene percepito come “commerciale”; se invece è avvolto in carta opaca con dettagli dorati, diventa “artigianale” o “di lusso”.
Il neuromarketing ci fa capire che il packaging non serve solo a proteggere il prodotto, ma è parte integrante dell’esperienza sensoriale. In molti casi, infatti, è proprio la confezione a determinare la prima impressione e, quindi, la decisione di acquisto.
E infine, oltre ai colori e al design, anche le parole scelte (come sempre) sono fondamentali. Un nome o di una claim può fare la differenza tra un prodotto anonimo che si perde fra il mare di prodotti in commercio e uno che diventa memorabile.
Nel copywriting pubblicitario, termini come “gratis”, “nuovo”, o “ edizione limitata” attivano risposte istantanee nel cervello e il senso di urgenza e desiderio. Non si tratta solo di descrivere un prodotto, ma di narrare una storia in cui le persone possano immedesimarsi.
Un aspetto molto interessante del neuromarketing applicato al mondo digital è la personalizzazione dei contenuti. Oggi qualsiasi brand può adattare la presentazione dello stesso prodotto a seconda delle preferenze ed esigenze dell’utente.
Un esempio preciso è Netflix: questa piattaforma di distribuzione in streaming di film, serie televisive e altri contenuti d’intrattenimento modifica le copertine dei prodotti in base ai gusti personali. (Sì, forse non lo hai mai saputo, ma Netflix personalizza le copertine di film e serie TV in base ai gusti personali degli utenti, sfruttando uno specifico algoritmo che analizza la cronologia delle visioni per proporre miniature più affini a determinati preferenze). Se un utente guarda spesso commedie romantiche, la stessa serie avrà una copertina con un’immagine più leggera e ironica. Chi, invece, preferisce i thriller, vedrà una copertina più cupa e drammatica. Ma stiamo parlando della stessa serie tv, dello stesso contenuto con una percezione completamente diversa.
Anche gli e-commerce utilizzano strategie simili: Amazon, per esempio, descrive i prodotti con frasi diverse a seconda del comportamento dell’utente, facendo leva sul bisogno di appartenenza, sulla scarsità o sul confronto sociale.
Il neuromarketing non esiste solo nella sfera del digitale, ma può essere applicato concretamente anche nei negozi fisici. Ecco di seguito alcuni esempi chiari:
Un punto delicato riguarda l’etica. È chiaro ormai che il neuromarketing permette di comprendere meglio i bisogni e i comportamenti delle persone, tuttavia, è anche vero che può essere usato per manipolare inconsciamente le scelte.
Per questo c’è una sottile linea tra influenzare e manipolare con il neuromarketing. Da un lato, presentare un prodotto in modo attraente fa parte della base del marketing, senza queste strategie non si parlerebbe di marketing. Dall’altro, sfruttare le debolezze cognitive dei consumatori senza trasparenza può generare diffidenza e danneggiare la reputazione del brand.
Un approccio etico al neuromarketing dovrebbe quindi puntare a migliorare l’esperienza dell’utente, aiutandolo a fare scelte più consapevoli e in linea con i propri interessi, piuttosto che spingerlo verso decisioni che potrebbe rimpiangere.
Il neuromarketing ci insegna una verità inconfutabile: noi tutti non vediamo il mondo per come è, ma per come ci viene presentato. La narrazione, i colori, le emozioni, il design e le parole creano la realtà percepita, e questa percezione è alla base di tutte le decisioni.
È ormai chiaro che non basta avere un buon prodotto o servizio: bisogna saperlo raccontare, confezionare e presentare in modo da entrare in risonanza con le emozioni e le aspettative delle persone.
Questo perché ci troviamo in un mondo in cui i consumatori sono sempre più bersagliati da stimoli e messaggi di ogni tipo, e chi riesce a creare esperienze sensoriali ed emotive autentiche ha un vantaggio competitivo enorme. Non si tratta di manipolare, ma di comunicare meglio, di capire come funziona la mente umana e di costruire relazioni più forti e significative.
E tu, ti sei mai accorto/a di come la presentazione di un prodotto abbia cambiato la tua percezione? Ti sei trovato a preferire qualcosa non tanto per ciò che era, ma per come ti è stata mostrata?
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