21/10/2025
Fino a poco tempo fa, fare una ricerca su Google significava digitare parole chiave più o meno ragionate, valutare i risultati (i classici “blue links”), cliccare sui siti e infine sperare di trovare la risposta desiderata. Con AI Mode, Google ha ufficialmente dato il via a un nuovo paradigma: una modalità “consigliata” di ricerca che combina il motore di ricerca tradizionale con un’intelligenza artificiale conversazionale e multimodale.
Nel seguente articolo parleremo di:
Dietro AI Mode c’è il motore Gemini, che unisce capacità di ragionamento, supporto multimodale (testo, immagini, voce) e integrazione con i sistemi informativi di Google, come il Knowledge Graph, mappe, dati in tempo reale, shopping graph (è un enorme database in tempo reale che collega miliardi di prodotti e rivenditori in tutto il mondo, fornendo informazioni dettagliate su disponibilità, prezzi e recensioni) ecc.
Una tecnica chiave si chiama query fan-out: quando l’utente pone una domanda complessa, il sistema la scompone in sotto-domande, lancia ricerche parallele su più fonti e poi ricompone una risposta coerente e sintetica. In un certo senso, è come avere un “assistente di ricerca” che analizza diverse pagine web contemporaneamente per trovare la risposta migliore.
Ma la vera rivoluzione sta nella multimodalità: puoi scrivere, parlare, caricare immagini, o persino fornire input visivi (come una foto o uno screenshot). L’IA interpreta tutto nel contesto della domanda. Ad esempio, potresti fotografare un piatto e chiedere “dove posso mangiare qualcosa di simile vicino a me?” oppure “come si prepara questa ricetta?”. Oppure potresti caricare la foto di un documento tecnico e chiedere di spiegarlo in linguaggio semplice.
Per l’utente questo significa un’esperienza di ricerca radicalmente diversa: più intuitiva, immediata e completa. Le risposte arrivano in pochi secondi e, soprattutto, non è più necessario confrontare manualmente diverse fonti perché l’intelligenza artificiale lo fa al posto nostro.
Un esempio concreto: potresti chiedere una prenotazione al ristorante con richieste specifiche (numero di persone, orario, tipo di cucina, budget, distanza massima) e lasciare che l’IA cerchi le opzioni, ti mostri i risultati e ti permetta di prenotare direttamente.
In ogni caso molte funzionalità sono ancora in corso di sperimentazione, quindi a breve tutti potranno utilizzare appieno AI MODE.
Il modo in cui Google restituisce i risultati sta cambiando, e inevitabilmente questo impatta anche sulle strategie SEO, sulla visibilità, sul traffico e sull’evoluzione del content marketing.
Se l’IA fornisce una risposta soddisfacente direttamente nella pagina dei risultati, l’utente non ha bisogno di cliccare ulteriormente. Il rischio è che il traffico portato dai motori (SEO) si eroda, specialmente per query informative o comparazioni.
Già l’introduzione di AI Overviews (la sintesi automatica dei contenuti web sopra i risultati tradizionali) ha causato cali di traffico per molti editori.
Con AI Mode l’effetto potrebbe intensificarsi, poiché i risultati diventeranno più conversazionali, con meno focus sui “blue links” e più su risposte dirette e contestualizzate.
In questo nuovo panorama, l’ottimizzazione SEO classica (parola chiave → contenuto → link building) non morirà, ma dovrà evolvere:
L’era dei contenuti superficiali è finita.
Perché l’IA scelga di citare o integrare il tuo sito come fonte autorevole, il contenuto dovrà essere profondo, completo e di valore. Non bastano più parole chiave ben posizionate: servono dati, analisi, visualizzazioni e opinioni da esperti.
Un articolo che fornisce insight unici, studi di caso, metriche reali o prospettive specialistiche avrà molte più possibilità di essere riconosciuto come “fonte di verità” dall’IA.
Con AI Mode, Google analizza il contenuto come un insieme di blocchi informativi autonomi.
Le sezioni devono essere facilmente identificabili e semanticamente chiare: titoli precisi, paragrafi auto-consistenti, elenchi puntati, FAQ ben organizzate.
Questo approccio “modulare” aiuta l’IA a estrarre parti di contenuto e inserirle direttamente nelle risposte, garantendo al brand visibilità indiretta ma autorevole.
Le ricerche non saranno più semplici combinazioni di parole chiave, ma domande complesse.
Esempio: “Qual è il miglior smartwatch per ciclisti con budget sotto i 300 euro, compatibile con Strava e con lunga durata della batteria?”.
Questo tipo di query richiede contenuti capaci di rispondere a più variabili contemporaneamente.
Chi saprà strutturare i propri articoli, comparazioni e guide in modo flessibile e segmentato avrà più probabilità di essere intercettato dalle risposte AI.
AI Mode comprende testi, immagini e video.
Un contenuto che integra infografiche, schemi, tabelle, immagini descritte semanticamente (con alt text significativi e markup appropriato) diventa più leggibile per l’IA.
Inoltre, contenuti interattivi – configuratori, simulazioni, video tutorial – possono rappresentare un vantaggio competitivo notevole, perché Google tende a premiare esperienze che migliorano la comprensione dell’utente.
In un mondo in cui l’IA deve citare “fonti affidabili”, l’autorevolezza del brand diventa cruciale.
Non solo in termini di backlink, ma anche di reputazione digitale: recensioni, citazioni da altri siti, menzioni nei social, profili professionali, coerenza tra piattaforme. Google, e quindi AI Mode, tende a favorire fonti riconosciute come esperte, affidabili e trasparenti. In pratica, costruire un brand solido equivale a migliorare la propria “reputazione algoritmica”.
AI Mode di Google non è un semplice “aggiornamento di Search”: è un cambiamento di paradigma.
La ricerca non è più una lista di link, ma una conversazione continua tra utente e macchina.
Google non si limita a “trovare” informazioni: ora le interpreta, le collega e le utilizza per agire. È in grado di suggerire, pianificare, confrontare, persino prenotare o comprare.
Siamo passati da un motore di ricerca a un motore di azione intelligente.
Per una web agency, questo cambia le regole del gioco: non basta più “fare SEO”, bisogna capire come “essere una fonte” per l’IA, progettare contenuti strutturati, offrire servizi che vadano oltre l’articolo.
Significa capire come “parlare” al motore e contemporaneamente mantenere un linguaggio umano, naturale, coinvolgente. Significa scrivere per l’utente e per l’algoritmo – non più in opposizione, ma in collaborazione.
Chi saprà testare, sperimentare, misurare e adattarsi rapidamente potrà emergere come leader nel nuovo ecosistema search + AI.
E tu, sai come scrivere per “entrare nelle risposte” dell’intelligenza artificiale? Parliamone insieme.
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