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Reverse marketing: quando andare al contrario ti porta dritto al punto



Reverse marketing: quando andare al contrario ti porta dritto al punto
Strategia Digitale

29/02/2024

In un mondo saturo di comunicazione come quello di oggi il Reverse marketing può essere considerato molto facilmente come il metodo d’oro per riuscire a fare la differenza. Uscire dagli schemi o andare sopra alle righe, chiamatelo come volete, ma il marketing “invertito” sconvolge il modo tradizionale di fare marketing, completamente. 

Vediamo di cosa parleremo nello specifico in questo articolo: 

  1. Che cos’è il Reverse marketing? 
  2. Inversione di marcia: cosa si nasconde dietro questa tecnica
  3. Alcuni casi di successo “al contrario”

Che cos’è il Reverse marketing? 

Reverse marketing significa letteralmente marketing invertito, al contrario. Una definizione singolare ma che racchiude in sé tutto il significato del termine. Si, perchè si tratta di una strategia che si basa su un totale ribaltamento delle tecniche tradizionali di comunicazione e coinvolgimento del potenziale cliente. In altre parole, se nel marketing tradizionale il principale obiettivo è quello di spingere il cliente verso il brand e portarlo ad eseguire determinate azioni a favore del prodotto o servizio offerto, nel Reverse marketing è tutto il contrario. Non si tratta più di convincere il cliente, ma di attirarlo al marchio incuriosendo e suscitando in lui un certo interesse. Con il Reverse marketing il cliente si avvicinerà al tuo brand e lo farà spontaneamente

A questo punto sorge spontanea una domanda: come costruire questa “calamita” per i clienti? Come si realizza una chiara ed efficace strategia di Reverse marketing capace di portare effettivamente dei risultati? Una parola: anticonvenzionale. Per allontanarsi dalle tecniche tradizionali bisogna smettere di pensare convenzionalmente. Ecco che quindi nascono contenuti insoliti, spesso paradossali, dove il brand parla si di se stesso, ma negativamente e con aspetto critico. 

Il trend è quello del #productregret (letteralmente un prodotto che si rimpiange di aver utilizzato o creato), l’obiettivo è sempre la vendita, il messaggio che viene comunicato invece cambia. Anziché lodare il prodotto e presentarne al meglio i benefici e vantaggi, il Reverse marketing presenta il prodotto o servizio focalizzandosi si sui vantaggi, ma con fare ironico e polemico, quasi a volerci andare contro. 

Ma allora perché questa strategia dovrebbe funzionare? 

Inversione di marcia: cosa si nasconde dietro questa tecnica? 

Psicologia inversa

Se ti dicessi di non continuare a leggere questo articolo cosa faresti? Te lo dico io, la maggior parte andrebbe avanti nella lettura, con una punta di curiosità in più. Questo è esattamente il meccanismo del Reverse marketing e della psicologia inversa che ne vive alla base. Citando testualmente, il principio della psicologia inversa consiste ne “lassunzione di un comportamento opposto a quello desiderato con l’aspettativa che questo approccio possa indurre il soggetto a fare ciò che realmente desiderato”. In parole povere, attraverso questo meccanismo si porta il soggetto a fare qualcosa, vietandogliela. È il principio della reattanza, ovvero quella tendenza umana a reagire in modo opposto rispetto a quello che è richiesto dagli altri. Il fascino del proibito attrae e il marketing risponde.

Possiamo quindi dire che rivolgendosi ai potenziali clienti evitando di bombardarli di mere descrizioni di prodotti o servizi fa sì che questi si sentano meno acquirenti e più confidenti, li mette in ascolto, cattura la loro attenzione e li spinge a saperne di più. Il cliente in questo modo si avvicina spontaneamente al brand, desideroso di dare un senso a questa paradossale mossa di marketing che non capisce, ma dalla quale è fortemente attratto

E poiché il Reverse marketing non mira a convincere o forzare il cliente la sua implementazione risulta anche decisamente meno invasiva e senza pressioni. Infine, ma non per importanza, il Reverse marketing consente di offrire al cliente potenziale dei contenuti di valore che gli permetteranno di vedere nel brand un punto di riferimento a lungo termine. 

Alcuni casi di successo “al contrario” 

Dalla teoria ai fatti vediamo ora alcuni esempi di brand che hanno coraggiosamente attuato questa strategia.

Primo fra tutti un brand italiano ormai molto noto nel mondo beauty, ovvero Cliomakeup, che lo scorso ottobre esordisce così sui suoi canali: “prodotti Cliomakeup di cui mi sono pentita”, elencando in modo apparentemente critico e dispregiativo alcuni prodotti del brand.  Per tutta la durata del video la comunicazione appare polemica, ma ad essere considerati svantaggi sono aspetti che invece tutti cercano in un beauty product. E così Cliomakeup presenta le peculiarità positive che contraddistinguono il brand facendo leva sulla psicologia inversa. Il risultato? Video virale e aumento dell’engagement pur con il minimo sforzo.

Spostandoci oltreoceano abbiamo invece la dimostrazione concreta di Patagonia, brand specializzato in abbigliamento sportivo e da esterno, che già nel 2011 si faceva portavoce di una campagna dove consigliava ai potenziali clienti di non comprare una giacca della collezione. “Don’t buy this jacket”, recitava il claim, fortemente legato anche ad una questione di sostenibilità ambientale che il brand sostiene a spada tratta. Ovviamente la campagna ha scatenato l’interesse del consumatore portando ad un notevole aumento delle vendite. Ecco la reattanza della quale parlavamo prima. Anche qui risultati eccezionali da non dimenticare. 

Questi sono solo alcuni degli esempi di brand che hanno fatto del Reverse marketing una soluzione vincente. È importante per le aziende considerare l’opportunità di abbracciare l’anticonvenzionale adottando nuovi approcci. Contattaci se sei interessato ad esplorare il grande potenziale che il Reverse marketing ha da offrire.

Pensa oltre i confini del tradizionale, distinguiti dal mercato, fai la differenza. 

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